Come abbiamo avuto modo di osservare, la crisi scatenata dalla diffusione del coronavirus in tutta la penisola italiana ha avuto un impatto di certo non secondario sugli strumenti di relazione e comunicazione di cui disponiamo e di cui, di riflesso, dispongono gli attori politici italiani. In ogni caso, in questa situazione non sono solo gli strumenti della comunicazione ad aver patito cambiamenti ma, anche e soprattutto, il metodo e le tematiche oggetto della comunicazione: questi infatti, hanno subito dei forti stravolgimenti e sono mutati per adattarsi alla situazione contingente. In questo periodo, in effetti, abbiamo assistito ad un abbandono generale delle tematiche seguite tipicamente da maggioranza e opposizione (prescrizione, taglio dei parlamentari etc..) per lasciare spazio al dibattito incentrato sulla gestione dell’emergenza COVID19.
La riorganizzazione delle priorità del dibattito pubblico ha finito per colpire anche quelle opposizioni la cui comunicazione, in alcuni casi, si è caratterizzata per la ricerca di un nemico da colpire.
In questo ambito, non si può fare a meno di citare il leader della Lega Matteo Salvini e i suoi iniziali tentativi di approcciare il dibattito sul virus. Il leader del Carroccio infatti, ha inizialmente tentato di fondere il modus operandi del suo discorso politico all’emergenza coronavirus, dando vita ad una chimera che univa il pericolo dell’immigrazione clandestina e illegale, ai pericoli di contagio derivanti dalla facilità degli spostamenti delle persone tipici dell’epoca della nuova globalizzazione. I tentativi di Salvini tuttavia, hanno portato a diversi scivoloni pubblici e addirittura alla diffusione di fake news e questo non ha fatto altro che danneggiare la sua immagine a favore di chi, invece, si è approcciato all’emergenza con altre modalità. La comunicazione eccessiva d’altra parte rischia di generare problematiche non secondarie in una situazione di criticità pubblica (basti pensare all’esodo di persone che ha fatto seguito alla diffusione della bozza del decreto di “chiusura” della Lombardia).
La comunicazione politica moderata e in grado di rafforzare l’unità degli intenti sembra, di fatto, l’unica vera vincitrice del dibattito pubblico. Slogan come #iorestoacasa, #andràtuttobene, “più distanti oggi per abbracciarci domani” sono i reali motori dei movimenti che si stanno sviluppando in questi giorni in Italia. Come non commuoversi davanti alle immagini trasmesse dalla BBC, con gli Italiani che esaltano la propria Nazione affacciati ai balconi di casa? Ma soprattutto: di quanto dobbiamo andare indietro per poter osservare altre immagini simili? Da decenni infatti gli italiani si caratterizzano per una visione critica nei confronti del proprio Paese, una visione che forse non ha eguali nel resto d’Europa. In conseguenza a quanto detto, una comunicazione vincente e in grado addirittura di esaltare l’unità nazionale ha una forza e una rilevanza decisiva in questo particolare momento storico.
A fare da spartiacque al “cambio di direzione” espresso dai vertici politici italiani, è stato il particolare caso del Presidente della regione Lazio e segretario del PD, Nicola Zingaretti. Il leader del centrosinistra infatti, prima dell’escalation del coronavirus in Italia, si era fatto protagonista di un’incauta (col senno di poi) linea in cui tentava di placare le prime paure bollando la situazione come frutto di una “psicosi abbastanza ingiustificata”. Solo qualche settimana fa infatti, l’hashtag che guidava la linea di pensiero di Zingaretti era #Milanononsiferma e durante le visite alle varie TV nazionali il leader del PD aveva più volte sottostimato il problema, sostenendo che i veri guai sarebbero arrivati principalmente dalle ripercussioni economiche e dall’influenza stagionale (ritenuta molto più pericolosa del coronavirus). Successivamente, quando la situazione si stava lentamente ma inesorabilmente complicando, Zingaretti diffuse tramite i suoi canali social un video in cui dichiarava di essere stato contagiato dal coronavirus. La situazione da quel momento in poi non sarebbe stata più la stessa, in quanto il contagio di Zingaretti fu solo l’ennesima prova della gravità della situazione, una sorta di schiaffo morale alle politiche di non intervento. Nel frattempo il leader del PD aveva già iniziato a modificare gradualmente la sua linea d’azione, dando sempre maggiore rilevanza ai problemi e ai rischi che il coronavirus poteva causare sul piano sanitario, fino ad adottare l’hashtag #iorestoacasa come sua nuova linea di pensiero .
Le principali correnti d’opposizione politica, ma anche altri esponenti di partiti tuttora al governo (M5S in primis), in ogni caso, non hanno assistito a questi cambiamenti con le mani in mano e una volta resosi conto dell’anacronisticità del loro messaggio politico, hanno modificato radicalmente il bersaglio del loro discorso pubblico.
Considerato l’innovativo spirito di unità nazionale che abbracciava l’Italia il “nemico” non poteva più essere cercato all’interno del Paese, ma andava trovato al di fuori e l’Unione Europea in questo caso si adattava perfettamente al ruolo. Non si è dovuto far altro che cavalcare l’onda del crescente euroscetticismo che imperversava nel Paese a seguito di alcuni comportamenti, non certo solidali alla causa, perpetrati da esponenti di istituzioni in seno all’UE; primo fra tutti lo scivolone della numero uno della BCE Christine Lagarde che, a seguito di alcune dichiarazioni in cui affermava di “non voler fare un secondo whatever it takes”, fece perdere miliardi di euro all’Italia. Con affermazioni di tale portata Lagarde annullava implicitamente il quantitative easing precedentemente pensato da Draghi per aiutare gli Stati in difficoltà con nuove “iniezioni” di moneta e di conseguenza, apriva il vaso di Pandora della speculazione finanziaria (con Piazza Affari che chiudeva a -16,92%, il dato più basso della sua storia). L’incauta uscita di Lagarde ha alimentato la rabbia degli esponenti di tutti i principali partiti politici italiani, non solo delle opposizioni, generando un’unità di intenti ripresa dallo stesso Mattarella, intervenuto in via ufficiale per sottolineare che «L’Italia attraversa una condizione difficile e la sua esperienza sarà utile per tutti. Si attende quindi, quanto meno nel comune interesse, solidarietà e non mosse che possono ostacolarne l’azione”.
L’intervento del Presidente della Repubblica può essere considerato l’esempio perfetto della nuova unità che caratterizza il dibattito pubblico e la comunicazione politica in Italia.
Riguardo questo aspetto, uno dei primi ad aver dato dimostrazione di questa inconsueta unità di intenti è stato il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. L’imprenditore milanese, in ogni caso, ha espresso comunque un atteggiamento altalenante: se infatti, da un lato si è messo subito a disposizione del governo sottolineando la necessità di seguire una linea d’azione comune per il bene del Paese, dall’altro si è fatto protagonista di diverse critiche e reclami (anche se sempre molto moderati) riguardanti le modalità con cui questa emergenza veniva gestita e lo scarso coinvolgimento delle opposizioni nell’ambito delle decisioni governative. Ad ogni modo, nonostante alcune ambiguità, sul piano fattuale il leader di Forza Italia si è sempre dimostrato collaborativo durante questa crisi, anche attraverso cospicue donazioni e questa si è rivelata certamente una mossa vincente a livello comunicativo, una scelta che gli ha consentito di ampliare esponenzialmente il proprio seguito sui social e di inserirsi tra i principali punti di riferimento degli elettori di destra per tutto l’arco dell’emergenza attualmente in corso. I risultati delle scelte di Silvio Berlusconi dimostrano ulteriormente come, in piena emergenza, le soluzioni di natura moderata non solo garantiscono maggiore unità d’intenti e quindi consentono al governo in carica di gestire con più efficacia la situazione ma, consentono persino un ottimo tornaconto a livello di immagine pubblica.
Certo, il fatto che spesso si tratta di qualcosa estremamente fragile è fuori questione: infatti sembra una convergenza d’intenti che attende solamente lo scivolone di qualcuno per sgretolarsi in tante piccole schegge impazzite. In ogni caso, nonostante le fragilità, l’apporto positivo nei confronti dell’interesse pubblico sembra innegabile e lo prova il fatto che Christine Lagarde, il giorno successivo al crollo di Piazza Affari, sia stata costretta a “correggere il tiro” in fretta e furia, sostenendo di essere “fully committed to avoid any fragmentation in a difficult moment for the euro area”.
Insomma, proprio davanti al terrore e alla disperazione generati dal coronavirus, proprio nel momento in cui ce n’era più bisogno l’Italia forse s’è finalmente “desta”.
0 Comments